George Bryan Brummel nacque a Londra il 7 Giugno 1778 ed è passato alla Storia come uno degli uomini più eleganti e raffinati dell’Ottocento, il primo dandy, ovvero il primo a fare della Moda e dell’eleganza uno stile di Vita e una vera e propria ossessione.
Dopo aver studiato a Eton e ad Oxford e aver fatto parte del reggimento degli Ussari, divenne amico personale di Re Giorgio IV e iniziò la scalata alla società londinese, di cui arrivò ad essere protagonista indiscusso.
Il suo modo di vestire, considerato eccentrico ma irresistibile (ed imitatissimo) dai suoi coevi, i suoi pranzi raffinatissimi, le sue pose, il suo spirito sagace, i suoi leggendari guanti bianchi da cui non si separava mai e che, narra la leggenda, lui faceva confezionare da tre guantai diversi (uno per il pollice, uno per il palmo e un terzo per le dita), la sua inveterata abitudine di apparire alle feste solo per pochi minuti per poi eclissarsi, non dopo aver deliziato gli ospiti con qualche battuta mordace, lo proiettarono da subito al centro dell’attenzione non solo londinese, ma dell’Europa tutta. Oscar Wilde e Gabriele d’Annunzio, ad esempio, lo avrebbero ammirato ed imitato incondizionatamente.
In un epoca come la sua (prime decadi dell’Ottocento), in cui la moda maschile seguiva ancora il retaggio settecentesco di parrucche incipriate, tricorni, calzoni al ginocchio e stoffe elaborate dai colori sgargianti, lui stupì tutti osando pantaloni lunghi e aderentissimi di colore chiaro, frac di austeri colori (nero o blu), camicie bianche inamidate e fusciacche morbidamente drappeggiate a mo’ di cravatte.
Raffinatissimo e ricercato, ma senza le effeminate leziosità dei cicisbei settecenteschi, adorava l’igiene personale e si cambiava camicia anche due volte al giorno, in un’epoca in cui ancora si utilizzava una quantità esagerata di profumo per coprire gli afrori di corpi non avvezzi a bagni e abluzioni.
Non si alzava prima delle 14, consumava un frugale pasto e poi impiegava almeno due ore per la vestizione che era un vero e proprio rito celebrativo.
Indi si recava in uno dei club più esclusivi e prestigiosi di Londra, dove, attorniato dai suoi adoratori, si divertiva a narrare con neghittosa nonchalance fattie pettegolezzi punteggiati da citazioni colte, ed infine concludeva la serata nelle più belle dimore aristocratiche.
Spese somme enormi per abiti, accessori, feste e viaggi, ma ancor più per assecondare la sua smodata passione per il gioco dove perse somme ingentissime, senza mai perdere l’aplomb che si addiceva ad un raffinato dandy quale lui era.
Ma i debiti si accumularono senza tregua e lui fu costretto a fuggire in Francia. Si ridusse al lastrico e i suoi leggendari abiti finiranno rosicchiati dalle tarme.
La sifilide lo ghermì facendolo precipitare nel gorgo della follia (stessa sorte di Donizetti).
Fu internato nell’ospedale delle Figlie del Buon Salvatore di Caen, dove morì, solo e ridotto ad ombra di se stesso, a 62 anni.