Erano 9 incantevoli creature, figlie di Zeus e della Dea Mnemosine (la Memoria); abitavano il Monte Elicona, in Grecia, ma loro dimora abituale era anche il Monte Parnaso, alle cui fonti si abbeveravano da cui di notte, tra veli di nebbie, volitavano leggiadre fra i mortali, diffondendo la loro voce soave.
Erano le Muse, protettrici delle Arti e, accompagnate dal Dio Apollo alla cetra, allietavano i banchetti degli Dei sull’Olimpo, capaci anche di placare le dispute e ristabilire la pace e di conferire ai mortali l’oblio delle pene e degli affanni:
Clio, Musa della Storia
Urània, dell’Astronomia e della Geometria
Calliòpe (il cui nome significava “dalla bella voce”), Musa della poesia epica e dell’eloquenza
Melpòmene, della tragedia e della poesia lirica
Talìa, Musa della poesia comica e della satira
Èrato, della poesia amorosa e della mimica
Euterpe, del canto, della Musica
Polìmnia, Musa della poesia religiosa
Tersicore, della Danza
Dal nome “Musa” deriva la parola “Musica”, ma anche “Museo”, che in origine era il Tempio delle Muse su una collina di Atene sacra alle Dee.
La “musa” poi è diventata sinonimo di ispiratrice, reale o fantastica, per ogni artista e spesso queste deliziose creature sono state citate o immortalate nelle opere di molti Artisti.
Baudelaire, ad esempio, nella sua splendida raccolta poetica “I fiori del male” dedica due liriche, rispettivamente, a “La Musa malata” e a “La Musa venale”, mentre Victor Hugo racconta, nella prefazione a “Castighi” del 1853 di come il poeta latino satirico Giovenale avesse introdotto una decima Musa, l’Indignazione, dal quale lo stesso Hugo dichiarava di essere ispirato.
In pittura sono moltissime le opere ispirate al Parnaso, sede delle Muse, o a loro stesse, fin dall’antica Grecia; basti ammirare le varie copie conservate a Roma, Berlino e Parigi del gruppo delle Muse di Prassitele, gli affreschi pompeiani, la splendida “Contesa tra le Muse e le Pieridi” di Tintoretto del 1540 ca., “Minerva e le Muse” di Jacques Stella del 1640, “Le Nove Muse nel Tempio di Apollo” di Richard Samuel del 1778 giù giù fino alle celebri “Muse inquietanti” ritratte da De Chirico tra il 1917 e il 1918.
Quanto al Parnaso, immortalato nei capolavori di Mantegna, Raffaello e Nicolas Poussin, il suo riferimento è ben presente anche in Musica, nel celebre “Gradus ad Parnassum”, raccolta di 100 esercizi pianistici di livello avanzato del compositore Muzio Clementi (1752-1832) (croce e delizia di ogni pianista che si rispetti) e nel multietnico e multiculturale quartiere di Parigi, frequentato da Artisti, chiamato, appunto, “Montparnasse”.
E per finire, chi non ricorda il celeberrimo, folgorante incipit del Proemio dell’Iliade di Omero (nella traduzione di Vincenzo Monti) che tutti noi appartenenti alla vecchia, gloriosa Scuola, eravamo tenuti ad imparare a memoria (con buona pace dei nuovi Soloni della Didattica che aborrono il mandar giù a memoria Poesie, Carmi e tabelline)?
Cantami, o Diva, del Pelìde Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco
generose travolse alme d’eroi,
e di cani e d’augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l’alto consiglio s’adempìa), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de’ prodi Atride e il divo Achille.
Nella foto: “Il Parnaso” di Anton Raphael Mengs-1760/61
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