Le isole Juan Fernández si trovano a 700 chilometri a distanza dalle coste del Cile: natura impervia, incontaminata e selvaggia.
In questo arcipelago, che nei secoli passati era inabitato, si riparavano pirati e corsari per riparare le loro navi, procurarsi acqua e frutta.
E qui, nel 1704, venne abbandonato il marinaio scozzese Alexander Selkirk, con l’accusa di comportamento indisciplinato e litigioso e di aver fomentato la ribellione tra i membri dell’equipaggio del galeone dove era a bordo.
Venne lasciato sull’isola più grande dell’arcipelago Juan Fernández con i soli vestiti che aveva indosso, una copia della Bibbia, viveri per una settimana, un moschetto e polvere da sparo, del rum e tanti saluti.
Selkirk si accorse ben presto con costernazione che l’isola era completamente deserta.
Disperato, si ubriacò fino a stordirsi, pianse, urlò, pregò, poi decise di reagire.
Lo confortava la speranza che prima o poi qualche nave sarebbe passata e lo avrebbe salvato.
Nel frattempo si organizzò. Cibo e acqua non mancavano: sorgenti e alberi da frutta, radici commestibili e persino capre. Le onde avevano riversato sulla spiaggia corde, fili d’acciaio, utensili lasciati da galeoni di passaggio.
Si costruì un rifugio, scuoiò le capre e si confezionò degli abiti, con un’accetta di fortuna uccise dei leoni marini il cui grasso alimentò le sue lampade improvvisate.
Ogni tanto la disperazione lo ghermiva e allora decideva di non mangiare e di non bere per lasciarsi morire.
Ma poi l’istinto di sopravvivenza e il suo temperamento di scozzese indomabile riemergevano prepotenti e andava avanti, lo sguardo affilato sempre rivolto all’orizzonte in attesa di una nave.
I capelli e la barba ormai lunghissimi e incolti, il silenzio forzato interrotto solo dalle sue grida di disperazione, la lotta quotidiana per resistere alle intemperie, ai topi, enormi, che popolavano l’isola e gli rubavano le provviste, alla paura di impazzire.
E finalmente quella nave arrivò. Era il 31 Gennaio 1709 e la nave corsara Duke approdò su quell’isola sperduta dopo che il capitano aveva avvistato da lontano un fuoco e, avvicinandosi, un uomo (ma si faceva fatica a chiamarlo tale date le condizioni in cui era ridotto) che si sbracciava sulla spiaggia.
Non riusciva neppure a parlare, Selkirk, che in cinque anni di solitudine aveva dimenticato l’uso della parola.
Lo rifocillarono sulla nave, lo lavarono e rivestirono e lo portarono in Inghilterra dove la sua storia fece scalpore e corse veloce come il vento.
La sua vicenda di naufrago giunse anche alle orecchie del romanziere inglese Daniel Defoe e sicuramente un po’ dell’ indomabile corsaro Selkirk palpita nella figura di Robinson Crusoe (che però rimane su un’isola deserta per 28 anni), il celeberrimo romanzo che lui darà alle stampe nel 1719, dieci anni esatti il salvataggio del marinaio scozzese che, nel frattempo, dopo aver pubblicato le sue memorie, ricominciò la sua errabonda e pericolosa vita di corsaro.
Alexander Selkirk morì due anni dopo quel salvataggio clamoroso, mentre si trovava al largo della costa occidentale dell’Africa.
Ora, su quello sperduto arcipelago cileno due isole ricordano la sua incredibile vicenda: all’isola in cui visse è stato dato il nome di “Isola Robinson Crusoe”, ma ad un’altra, la più lontana e sperduta, quello di “Isola Alexander Selkirk”. A imperitura memoria.
Nella foto un fotogramma di Tom Hanks, strabiliante interprete di “Cast away” in cui interpreta un naufrago su un’isola deserta