Eh già. Non era solo Totò che in un celeberrimo film dei primi anni Sessanta, cercava di vendere la fontana di Trevi ad un ingenuo turista italo-americano. C’è stato chi ha fatto di peggio! Chi ha venduto (realmente) addirittura la Tour Eiffel.
Anno di grazia 1925. Il protagonista di questa vicenda, che passerà alla Storia come una delle più incredibili truffe al mondo, si chiama Victor Lustig, è boemo, poliglotta, persuasivo, ha 35 anni, un fascino innato, belle maniere (appartiene ad una ricchissima famiglia ) e una congenita propensione a truffare il prossimo.
Aveva iniziato sulle lussuose navi da crociera, barando a poker con i ricchissimi passeggeri che dall’America viaggiavano alla volta dell’Europa, ma il margine di guadagni non lo soddisfaceva e aspirava a truffe più eclatanti e sostanziose.
Ed ecco l’idea: la “macchina copiatrice di banconote”, ossia una macchina capace, così Lustig riuscì a convincere gli acquirenti, di produrre una banconota da 100 dollari ogni sei ore.
Questa macchina, venduta a cifre stratosferiche ovviamente era un imbroglio: fabbricava solamente due biglietti di banca nell’arco di 12 ore, dopodiché produceva solo carta bianca, ma prima che il malcapitato di turno se ne accorgesse, lui era già lontano con la somma intascata.
Un genio truffaldino, ma genio, ne converrete.
Era ambizioso, Victor, e temerario. Si mise in testa di truffare “nientepopodimenoché” Al Capone in persona, e il bello è che ci riuscì. Propose al sanguinario gangster italo-americano un lucroso (quanto inesistente) investimento che, gli assicurò con incredibile faccia tosta, avrebbe raddoppiato il capitale investito in appena 60 giorni.
I modi affabili e suasivi di Lustig convinsero Al Capone a consegnargli l’ingentissima somma di 50.000 dollari (eravamo nei ruggenti anni Venti) che il truffatore mise in una cassetta di sicurezza.
Dopo due mesi si presentò costernato al gangster dicendo che l’investimento era andato a monte per la “disonestà” del suo (inesistente ovviamente) socio in affari e non gli restava altro da fare che restituirgli i 50.000 dollari con tante scuse. E tanto seppe recitare la commedia mostrandosi affranto, che udite udite, Al Capone gli credette e lo gratificò di ben 5000 dollari! That’s incredible!
Ma il colpaccio Victor Lustig lo mise a segno a Parigi, nel 1925, appunto. Una truffa da manuale.
Antefatto: la Tour Eiffel, ultimata nel 1889 per l’Esposizione Universale di Parigi di quell’anno, dopo appena poco più di un quarto di secolo, mostrava segni di trascuratezza nella manutenzione, segni che i giornali non mancavano di sottolineare con vigore, imputando al Comune della “Ville Lumière” le colpe per il degrado del monumento-simbolo della città e cominciando a instillare (ironicamente, si badi) il concetto che forse sarebbe stato opportuno smantellarla o addirittura venderla.
Detto, fatto. Victor Lustig si procura una falsa carta intestata di “Vice Direttore Generale delle Poste e dei Telegrafi” e, insieme al suo complice Robert Arthur Tourbillon che fungeva da capo segreteria, convocò presso il lussuoso Hotel Crillon, sei tra le più affermate imprese per il riciclaggio del ferro e dell’acciaio per proporre, a nome del Governo, ça va sans dire, la vendita della Tour Eiffel. E, sempre ça va sans dire, la trattativa, intimò, doveva rimanere “segretissima”, per l’amor di Dio, ché altrimenti quei piraňa dei giornalisti avrebbero scatenato una campagna mediatica denigratoria.
Per rendere più valide le proprie argomentazioni, invitò i 6 imprenditori ad andare con lui a visitare le pessime condizioni del Monumento, esibisce un proprio tesserino (falso ovviamente) al cassiere e, con piglio deciso e disinvolta sicurezza, passa avanti a tutti i turisti in fila e sale sulla Tour Eiffel seguito dagli imprenditori.
Tra questi magnati il più interessato è André Poisson (quando si dice “omen nomen”: Poisson in francese significa Pesce!) che fiuta l’affare (!), decide di battere sul tempo i concorrenti (furrrrrbo lui) e sborsa una somma colossale (non se ne saprà mai l’ammontare) per l’acquisto della Tour Eiffel. Non solo. Il pollo, anzi il “Pesce” si fa convincere da Lustig ad allungargli anche una mazzetta per privilegiarlo sugli altri.
Poisson, sicuro di aver fatto l’affare della sua Vita (ma avrebbe fatto bene invece a dar retta al sesto senso di sua moglie, affatto convinta da quel sedicente funzionario) se ne tornò a casa, certo che entro due giorni avrebbe ricevuto la formalizzazione dell’atto di vendita.
Quando il povero Monsieur Poisson-Pesce si rese conto dell’immane trappola in cui era caduto come un allocco, si vergognò così tanto che decise di non denunciare l’accaduto alla Polizia per non finire stritolato dal sarcasmo generale.
E Victor? Lui e il suo complice intanto erano scappati verso più tranquilli (ed esotici) lidi.
Ma il lupo perde il pelo ecc ecc. Lustig tornò a truffare, fu arrestato per ben 47 volte e subito rilasciato perché i truffati si autoconvincevano a ritirare la denuncia per non finire seppelliti da una risata.
Ma non la scamperà del tutto. E stavolta il truffatore forse più geniale di tutti i tempi sarà a sua volta “truffato” dal suo cuore, ma nel senso di “cherchez la femme”!
Pur di soddisfare i capricci della diciottenne starlette Estelle Sweeny di cui a 44 anni si è follemente innamorato, si fa passare per produttore e cerca di spillare 40.000 dollari ad uno che non si lascia infinocchiare dalle promesse di un fantasmagorico spettacolo a Brodway e lo denuncia.
Per sommatoria di reati, Victor viene condannato a 20 anni e finisce nella tetra prigione di Alcatraz. Estelle non andò neppure a trovarlo.
Vi morirà nel 1947, a 57 anni, per una brutta polmonite.