Più che un elogio, un vero tributo alla carnalità delle donne prosperose, alla floridezza dei fianchi e all’opulenza delle forme così come rappresentate nell’Arte.
Bisogna partire da lontano, ma non dal Medioevo dove prevale l’ideale stilnovistico della donna-Madonna, dall’aura angelicata (e asessuata), ma dal fulgido Rinascimento dove la donna appare voluttuosa, carnale, sensuosa.
Persino nei dipinti a soggetto sacro, il seno a volte è scoperto, come nel famoso dipinto “La Vergine di Melun” del Fouquet, dove ritratta non era certo la Vergine Maria, anzi, se proprio dobbiamo dirla tutta non si trattava neppure di una vergine, ché ad essere rappresentata era la turgida Agnése Sorel, amante di Carlo VIII.
Dal Cinquecento in poi è tutto un tripudio di forme opime, di creature sontuose e lussureggianti: dalle morbide donne del Correggio al sensuoso cromatismo di Tiziano, dalla femminilità ubertosa di Rubens alle rigogliose Veneri dormienti del Giorgione.
Il Settecento libertino ed impudico di Fragonard e di Boucher, solo per citarne due, si abbandona a nudi gioiosamente carnali, con quelle donne ritratte che sembrano fatte di rosea bambagia e che mostrano le loro intimità senza remore né timore, ma anzi con civettuola nonchalance.
Il Romanticismo è severo e “moralizzatore”, ma già nella seconda metà dell’Ottocento Cézanne e Renoir dipingono floride e sensuali bagnanti e Gauguin ritrae formose indigene polinesiane e Tamara de Lempicka staglia sulla tela nudi femminili di soda e scultorea membratura.
Agli albori del Novecento si assiste ad un capovolgimento di gusto estetico, a nuove inquietudini, fermenti innovativi, e l’Arte, specchio privilegiato e megafono amplificatorio di tutti i mutamenti sociali e culturali, si adegua.
Modigliani disegna allora creature pallide, dai corpi lunghissimi e dai corpi longilinei, e gli Espressionisti (Schiele in testa) tratteggiano donne scheletriche, nevrotiche, simbolo e riflesso di una umanità tormentata e prossima alla tragedia della Grande Guerra.
Ma già dal secondo dopoguerra riesplode la voglia di una femminilità esuberante e se Guttuso dipinge le forme voluttuose della sua bionda amante Marta Marzotto, è Botero, con il suo universo sodo e bulimico, a rappresentare nei suoi quadri il vero e proprio elogio delle rotondità, con quelle sue donne polpute e “volumetriche”, persino grasse, ma anche terribilmente voluttuose.
Insomma, morbido è bello.
In foto: Andromeda di Tamara de Lempicka 1929