«Sta Donna Clara (nel mio pensiere)/sul damascato letto ampio e profondo:/ splende la nudità ne l’ombra, e il biondo/ capo sorride da l’origliere»: questi versi, in cui è descritta una algida e sensuale creatura fanno parte di una lirica,“Donna Clara”, che fu composta da Gabriele d’Annunzio pare per Evelina Cattermole, la scrittrice più nota con il nome di Contessa Lara.
Era nata a Firenze, il 26 ottobre 1849 da un professore scozzese, Guglielmo e da Elisa Sandusch, eccellente pianista.
A 22 anni s’innamora perdutamente di un bel tenente dei bersaglieri, Francesco Eugenio Mancini, e lo sposa, convinta di aver trovato l’Amore eterno. Ma ben presto la disillusione: il marito, più interessato al gioco d’azzardo e alle donne dei café-chantante, la trascura.
Ma Evelina è donna di carattere, passionale e anticonformista; la poesia e l’ardore le bruciano l’anima.
Comincia a frequentare a Milano, dove risiedono, salotti letterari e i giovani Poeti della Scapigliatura milanese e in uno di questi pomeriggi letterari conosce il giovane veneziano Giuseppe Bennati Baylon e se ne innamora follemente.
Con la complicità della cameriera Giuseppina Dones, diviene la sua amante e gli dedica versi trepidanti:
Io t’ amo, t’ amo. Oh, ch’ altra donna mai
Non susurri al tuo cor questa parola:
Per quanta ne incontrasti e ne vedrai
Anco nei sogni, vo’ bastarti io sola.
Gli incontri clandestini fra lei e Giuseppe avvengono in una garçonnière di via dell’ Unione, ma la cameriera la tradisce e rivela al maritoil luogo dell’alcova.
Lui vi si precipita e li coglie in flagrante.
A nulla servono le grida disperate di Evelina, il suo buttarsi in ginocchio a chiedergli perdono. Francesco Eugenio Mancini è irremovibile e sfida a duello (alla pistola) Giuseppe Bennati.
Il 7 giugno 1875, all’alba, l’amante cade sotto la mira precisa del marito.
Evelina, alla notizia, ha un collasso; il marito, al processo verrà assolto perché allora l’omicidio d’onore non prevedeva una pena.
Inevitabile il divorzio, plateale la cacciata di casa della “Contessa Lara” con tanto di pubblico ludibrio e della “scomunica” del padre che non vuole riaccoglierla in casa, tanto si sente disonorato dalla condotta della figlia.
Evelina va a vivere a Firenze, in una povera camera e cerca di sopravvivere scrivendo racconti e poesie.
Bellezza eterea e bionda, poetessa colta e raffinata, non passa inosservata.
Il poeta Mario Rapisardi, vedendola passeggiare per una strada di Firenze, si invaghisce di lei alla follia; l’amò tutta la vita di un sentimento devoto e tenace, che lei, sempre più irrequieta e tormentata, non ripagò mai.
Evelina, che ormai si firma con lo pseudonimo felice di “Contessa Lara”, conosce d’Annunzio forse grazie ai buoni auspici del Sommaruga, editore di entrambi.
Donna fascinosa e inquieta, vuole continuare a vivere i tormenti del cuore con struggimento e ardore, sfidando i moralisti e il Fato: Gabriele ne è irretito e le riserva versi ardenti e ardimentosi.
Intrecciano una liason? Forse. Lui è rapace, lei impudica.
Scrive versi sempre più appassionati che la rendono apprezzata e famosa, ma, nel contempo, scivola in una esistenza sempre più scandalosa; a 47 anni intreccia una relazione torbida e disperata con un pittore di poche speranze e di molta arroganza, da cui si fa dominare e sfruttare, fino all’epilogo tragico: stanca delle sue vessazioni e delle sue violenze, lo caccia di casa.
Lui esce gridando e insultandola. Tornerà, con una pistola in mano.
Lei si accascerà senza un grido, i begli occhi spalancati sul mondo…