Rubrica coriandoli: Agrippina, la vorace mantide della Roma Imperiale

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Imparentata con ben quattro Imperatori, Agrippina Minore (così chiamata per distinguerla dalla madre, Agrippina Maggiore) fu pronipote di Ottaviano Augusto, sorella di Caligola, moglie di Claudio (dopo Messalina) e madre di Nerone.
La sua ambizione fu sconfinata: come lei, prima, ci fu solo Cleopatra, come lei, dopo, ci sarà solo Madame de Pompadour.
Fu una delle donne più famose della Roma Imperiale e della Storia: intelligente, astuta, calcolatrice, avida, volitiva, immune da passioni, ne suscitò molte.
Frigida a letto, mostrava un’inesausta (e mendace) brama erotica per far impazzire di godimento gli amanti, manipolarli e raggiungere i propri scopi.

I suoi amplessi non furono mai veicolo di piacere ma di potere: non si peritò di divenire l’amante del proprio fratello Caligola, pur di accrescere la sua influenza su di lui, né di alimentare in suo figlio Nerone una turpe e incestuosa passione, pur di manovrarne la volontà.
Mandata in esilio a Ventotene nelle Insulae Pontiae (oggi Ponza) proprio dal fratello Caligola che non tollerava più i suoi subdoli maneggi, fu poi fatta rientrare da Claudio su suggerimento di Messalina, che non se lo perdonerà mai.

A 13 anni aveva sposato in prime nozze Gneo Domizio Enobarbo (da cui aveva avuto un figlio, Nerone, il futuro Imperatore), ma essendo questi morto in circostanze mai chiare (e il sospetto di un suo coinvolgimento non fu mai fugato), impalmò il ricchissimo Caio Sallustio Passieno Crispo che fece poi sopprimere, incamerando così tutte le sue immense fortune.
Non era bella Agrippina, ma dotata di un fascino tentacolare e capzioso: abile tessitrice di trame occulte, una volta che Claudio (che era anche suo zio) cominciò ad essere trascurato da Messalina, riuscì a circuirlo mostrandogli una dolcezza che non possedeva e una passione che non provava.

Lui abboccò e, come splendidamente chiosa Tacito: «nondum uxor potentia uxoria iam uteretur», ossia: non ancor moglie, già godeva della potenza di moglie.
Morta Messalina, sua eterna rivale, riuscì a farsi sposare da un Claudio ormai irretito e fiaccato e, una volta Imperatrice, stese le sue tentacolari mani su tutto l’apparato burocratico, collocando nei posti strategici dell’amministrazione e dell’esercito uomini di sua fiducia, legati a lei da intrecci torbidi e colpevoli.
Riuscì a svigorire a tal punto la volontà di Claudio, da convincerlo ad adottare Nerone quale successore al trono di Roma al posto del proprio figlio Britannico, legittimo erede, che tra l’altro morì avvelenato su ordine di Nerone stesso.

Come precettore di suo figlio volle Seneca, il più acclamato filosofo del tempo, per emulare l’altrettanto temibile Olimpia che per suo figlio Alessandro Magno aveva scelto come educatore Aristotele.
Egocentrica e spietata, si liberò di tutte le donne che potessero attentare, o con la bellezza o con l’ambizione, al suo incontrastato potere
Costrinse Nerone a sposare la dolce e bellissima Ottavia, figlia di Messalina e di Claudio che egli però non sopportava: matrimonio non consumato e finito tragicamente, con la messa a morte della fanciulla, imputata ingiustamente di tradimento.

Una volta usato Claudio per conseguire onori e potere, Agrippina se ne sbarazzò con la complicità della strega Locusta e del suo medico-amante Senofonte, propinandogli un piatto di funghi avvelenati.
La strada al trono per il figlio Nerone e per la sua indomabile sete di dominio era spianata.
Poiché il nuovo Imperatore aveva solo 17 anni, il potere fu affidato a lei, ma anche quando poi Nerone raggiunse l’età per governare da solo, lei continuò a tenere ben saldo il potere nelle proprie mani e ad essere presenza occulta ma influentissima; durante le riunioni dell’Imperatore con i suoi consiglieri, si nascondeva dietro le tende per ascoltare e ogni suo disappunto equivaleva ad una testa che sarebbe in seguito rotolata.
Le continue intrusioni nel governo, la sua nefasta e ossessiva presenza, la sua arrogante protervia esasperarono Nerone e la dipendenza psicologica si tramutò in odio insopprimibile.

Non riuscendo a neutralizzarla da viva, tentò di liberarsene prima attraverso il veleno (ma lei, più astuta di lui si era “mitridatizzata”, ovvero come Mitridate, re del Ponto, aveva immunizzato il proprio corpo nei confronti degli effetti tossici del veleno, ingerendone una minuscola quantità ogni giorno), poi facendo predisporre una lastra di piombo sopra il suo letto che, tramite un congegno sarebbe dovuta cadere appena lei si fosse messa a dormire (ma la guardinga Agrippina aveva preso l’abitudine di non dormire mai nel proprio talamo), indi facendola salire su una nave truccata che naufragò presso il golfo di Napoli (ma lei, che aveva previsto tutto, si era allenata a diventare una formidabile nuotatrice) ed infine facendola accoltellare da un sicario cui lei, spavaldamente e significativamente, offrì il grembo gridando: «Colpisci al ventre!».

Morì stavolta, Agrippina, ma con un ghigno sardonico sulle labbra e il suo fantasma tormenterà a lungo le notti di suo figlio Nerone.

Nella foto: la maliarda Gloria Swanson che la impersonò sullo schermo, fornendone un ritratto sinistramente indimenticabile

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