Briciole di storia, quisquilie e pinzellacchere. Saffo

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Nacque nel 630 a.C. Saffo, la più straordinaria e dolente cultrice dell’amore dell’antichità e visse sempre sull’isola di Lesbo, culla della lirica greca, perché colà era approdata, portata dalle onde, la testa di Orfeo, mitico poeta e musico, che con la sua arte ammansiva le bestie feroci, e che, ferocemente, era stato fatto a pezzi dalle Menadi.
E vi dimorò, «il maschio Saffo, amante e poeta» (così la appellerà Baudelaire), attorniata da fanciulle vestite di impalpabili pepli bianchi, alle quali riservò versi di carnalissimo ardire.

La passione d’amore attraversò e scompaginò la sua vita («Come violento sui monti/ scuote le querce il vento/ così Amore ha travolto l’anima mia, la ragione»), non solo per la dolce Anactoria, o la «splendida Cidro» del suo Cenacolo (il celebrato “tìaso”), ma anche per il bel Faone, un traghettatore di Lesbo, cui la poetessa inviò lettere al calor bianco: «io ardo, come arde il campo fecondo quando le messi bruciano all’indomito soffio di Euro che alimenta la fiamma. […] Allora più che mai ti piaceva la mia lascivia, i miei movimenti continui, le parole adatte ai giochi d’amore e il profondo languore dei nostri corpi stanchi».

Saffo è intossicata dalla passione, che lui, bello ed infedele, non ricambia. Ma lei, ostinata in quell’amore incarnito, lo cerca, lo vuole: «Non ti chiedo d’amarmi, ma di lasciarti amare».
Non si lasciò amare il bel Faone e lei, disperata, si gettò dalla rupe di Leucade; il mare sottostante, vorace, la inghiottì.

Dipinto di John William Godward: “Nel giorno di Saffo” 1904

Nel giorno di Saffo