L’autore di “Colazione sull’erba”, “Olympia”, “Il bevitore d’assenzio” “Al balcone” e di altri capolavori che hanno fatto la storia della pittura, nacque a Parigi il 23 Gennaio 1832.
Suo padre, Auguste Manet, un giudice parigino ricco ed influente, avrebbe voluto che il figlio seguisse la stessa carriera, ma Edouard aveva l’Arte nel sangue e nel cuore ed espresse la ferma volontà di iscriversi all’École des beaux-arts.
Il padre per ritorsione lo fece imbarcare su una nave (e il clima umido e inadatto avrà ripercussioni terribili sulla sua salute, causandogli forme reumatiche esiziali), ma questo non scoraggiò il giovane e ribelle Edouard.
Temperamento sanguigno, polemico e testardo, entra nel gruppo degli Impressionisti (ma si rifiuta di farne ufficialmente parte e rimane sempre pervicacemente autonomo) grazie alla modella e pittrice Berthe Morisot (innamorata pazza di lui, sua amante fugace e poi cognata avendo questa sposato suo fratello Eugéne pur di rimanergli vicino), che lui dipingerà con un mazzolino di violette in un celebre ritratto.
Qui viene a contatto con Degas, Monet, Renoir, Sisley, Cézanne, Pisarro e con loro frequenta il celebre Café Guerbois a Parigi dove, tra fumi di alcool, si abbandonano a veementi discussioni sull’Arte, ma, carattere ruvido e scontroso, non fu affabile con tutti: riguardo Monet, che pure ammirava, provava fastidio per quella quasi omonimia che avrebbe causato molti equivoci e quanto a Cézanne, tra i due c’era una vera e propria antipatia, se è vero, com’è vero, il celebre aneddoto che vede quest’ultimo rifiutarsi di salutarlo come conveniva a due gentiluomini e pronunciare la famosa frase: “Non le stringo la mano, monsieur Manet, perché è una settimana che non la lavo”.
Spirito indipendente e curioso, Manet viaggiò a lungo per l’Europa ad ammirare capolavori nei musei; gli Artisti che amava più degli altri: Tiziano, Giorgione, la pittura olandese del Seicento, Goya e Vélasquez.
Fu anche un impenitente tombeur de femmes (bello era bello, con quel broncio terribilmente seduttivo), nonostante fosse sposato con Suzanne Leenhoff (sua insegnante di pianoforte), e non si contano le amanti e le fugaci relazioni.
Risultato: sifilide, di quelle dai denti aguzzi che gli causavano dolori lancinanti alle articolazioni e rendevano il suo carattere ancora più irascibile e insofferente.
A 46 anni cominciò ad avvertire dolori insostenibili alla gamba sinistra; per 5 anni provò mille terapie, mille rimedi.
Tutto inutile. Il 6 Aprile 1883 il piede sinistro mostra segni inequivocabili di cancrena; viene decisa l’amputazione della gamba che viene eseguita, essendosi Manet testardamente opposto ad un suo ricovero in ospedale, sul tavolo del salone della sua casa.
La gamba, visto il pessimo stato in cui versava, fu immediatamente gettata nelle fiamme del caminetto.
La febbre lo assalì quasi subito, vorace; l’infezione non gli diede scampo.
Edouard Manet morì dopo 24 giorni di terribile agonia, il 30 Aprile 1883, a 51 anni. Era una splendida giornata di Primavera.
Nella foto: Edouard Manet-Colazione sull’erba-1863